Le prove ematologiche consentono di escludere la paternità ma non di affermarla in positivo. Al fine di accertare in positivo la paternità occorre far ricorso ad altri mezzi di prova, le cosiddette prove biologiche, le prove di istocompatibilità basate sul sistema HDL e quelle del DNA, che, analizzate con metodi statistici, che fanno riferimento alla frequenza di determinati caratteri genetici nella popolazione (cosiddetto teorema di Bayes), consentono di affermare in positivo la paternità, con una probabilità che può giungere al 99,99%.
Anche queste prove sono ad oggi considerate come indagini con dignità probatoria pari a quella di tutti gli altri elementi di giudizio e non più eccezionali. La loro ammissibilità quindi non può essere condizionata all’impossibilità di giungere altrimenti ad un convincimento.
Con la sentenza n. 6400/1980 della Corte di Cassazione le stesse si possono dirigere oltre che all’esclusione del rapporto di paternità, anche alla sua affermazione in positivo.
La giurisprudenza di merito applica tale principio non esitando ad affermare la paternità quando, sulla base di consulenza tecniche, questa risulti accertata con una probabilità pari al 99,97%.
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pagina aggiornata al 28/10/2015